martedì 18 novembre 2008

La bellezza che viene dal passato.

Trovata nel retrobottega di un ciclista locale.
Legnano "Italian Team", anno di costruzione tra il 1949 e il 1951, tubazioni Mannesmann,
leggerissima, circa 9 chili, cambio campagnolo "Parigi-Roubaix".
Questo tipo di cambio è a bacchetta singola, sostituiva il precedente ad doppia leva nel tentativo di velocizzarne il funzionamento.

Il cambio campagnolo a doppia leva era il preferito dai corridori, in particolare da Bartali.
"loro", i professionisti, riuscivano a cambiare in corsa senza doversi fermare!
Il funzionamento era semplice, sfruttando il brevetto dello sgancio rapido, con una leva si apriva la ruota, con l'altra leva si portava la catena sul rapporto desiderato e la ruota si posizionava lungo il forcellino in modo da tensionare la catena.
Nel cambio a doppia leva la lunghezza del forcellino dava la possibilità di ospitare 4 rapporti.
La dentellatura permetteva di mantenere il tutto in asse.
Nella pratica riuscire a cambiare in corsa era abbastanza complicato, il corridore doveva, una volta aperta la ruota, contropedalare per portare la catena sul rapporto, se si passava verso le moltipliche più grandi la ruota arretrava lungo il forcellino da sola, se invece si passava ai rapporti più lunghi, per posizionare la ruota bisognava agire anche con il freno.
Campagnolo riuscì poi a inserire il doppio meccanismo in una sola leva, l'allungamento del forcellino (che prese il nome del cambio) permise di inserire ben 5 rapporti.
Con questo cambio Fausto Coppi vinse la Parigi-Roubaix nel 49 e il cambio in suo onore venne così battezzato. Fausto Coppi però criticò questo cambio, a suo dire più complesso e impreciso rispetto alla doppia leva. Di lì a poco però furono introdotti i cambi a parallelogramma, che con varie modifiche arriveranno ai giorni nostri.

Ho avuto il piacere di poter pedalare brevemente questo gioiellino.
Abituato ai cambi moderni o a non dover cambiare per nulla con la mia fixa,
Su questa l'operazione è "drammatica"!
Prima di tutto la strana sensazione di dover portare la mano a filo con la ruota.
Poi bisogna buttare un'occhio al cambio, avere abbastanza velocità per contropedalare senza fermarsi e smanettare con la leva cambiando e aspettando che la ruota si posizioni correttamente. Ci sono voluti due tentativi andati a vuoto per effettuare la cambiata più semplice, quella verso gli ingranaggi più grandi. è necessaria anche una certa forza, per allungare il braccio mentre l'altro tiene il manubrio e fare il lavoro di spostare la catena che oggi è deputato al parallelogramma.
Da oggi ammiro ancora di più i grandi campioni del passato che riuscivano ad effettuare questa operazione dopo duecento e passa chilometri pedalati su strade di ogni tipo!

martedì 23 settembre 2008

V. Bertarelli, 1897-Viaggio in Calabria


Nella seconda metà dell'800 l'espansione industriale diede grande impulso alla tecnologia.
Il perfezionamento della lavorazione dei metalli, la nascita della catena, dei cuscinetti a sfera, dei raggi, e, sopratutto, del copertone pneumatico,
Permisero di rendere finalmente sicuro e affidabile per l'uso ordinario uno strumento che fino ad allora aveva rappresentato poco più che un divertimento da cortile, il biciclo.
La nascita della bicicletta nella forma che conosciamo si compì nel 1889 con la safety bicycle.
Da quel momento la bicicletta (o bicicletto come veniva anche chiamata) uscì dai cortili e divenne mezzo di trasporto.
In pochi anni, grazie alle migliorie tecniche e alle infinite varianti (i fattorini usavano un triciclo con vagoncino) ogni ceto sociale poté pedalare, dal commesso al reale, tanto che il consiglio di stato decise che i comuni potevano imporre una tassa sul possesso del biciclo.
Non mancavano poi i detrattori del nuovo mezzo, la chiesa vietò ai preti di utilizzarlo e l'osservatore romano scrisse un articolo nel quale metteva in relazione il ciclista con l'anarchico.
"Chi è mai questo ciclista? si chiedeva: non è un pedone, né un cocchiere, né il macchinista di un treno e non è neppure un animale da tiro. È invece «un che di ermafrodito, di indefinibile, di inclassificabile, che sfugge ad ogni legge di moto, di trazione, di trasporto."
Nonostante le voci contrarie la moda dilagava, si iniziò ad usare la macchina per viaggiare, nel 1894 la neonata rivista "la bicicletta" organizzo la prima Milano-Torino. Nello stesso anno naque il TCCI (Touring Club Ciclistico Italiano) che più avanti divenne il TCI (Touring Club Italiano).
Tra i fondatori del TCCI e redattore de "la bicicletta", Vittorio Bertarelli, Industriale milanese ma sopratutto grande viaggiatore e sportivo.
La sua grande intelligenza e curiosità lo portarono a diventare un grosso industriale. Nonostante l'agiatezza fu uno sportivo eccezionale, partecipò(stabilendo alcuni record) alle prime ultramaratone podistiche e ovviamente fu uno dei primi cicloturisti italiani.
Nel 1897 decise di intraprendere un viaggio che lo portò a percorrere il sud Italia: Basilicata, Calabria e Sicilia.
Del viaggio in Calabria ho letto e mi sono appassionato grazie alla pubblicazione del suo diario di viaggio.
Considerando i mezzi, le altimetrie e le strade dell'epoca, il gesto ha dell'incredibile.
Il viaggio durò cinque giorni, Il bertarelli arrivò a Reggio Calabria dopo un viaggio di "sole" 36 ore in treno e da lì partì con destinazione Eboli in Campania.
L'itinerario si sviluppò quindi da Sud verso Nord, lungo la grande strada delle Calabrie, all'epoca la principale via di comunicazione.
Il tracciato in massima parte ricalca quello della via Popilia, strada romana che nei secoli andò in rovina e venne poi rimessa a nuovo dai Borboni.
Fino a poco tempo fa era denominata Statale 18 fino aNicastro e Statale 19 fino a Reggio, oggi invece è segnalata con decine di sigle diverse.

Il Bertarelli era sicuramente la persona più indicata per il viaggio, non solo aveva grande allenamento, ma era anche assennato.
La rivista "la bicicletta" dava consigli per i ciclisti:
"consultare un medico, prima di imparare ad andar in bicicletta e di non fare economie sul prezzo di acquisto del velocipede. Il vitto doveva essere sostanzioso ma leggero: bisognava quindi mangiar poco e sorbire bevande non ghiacciate e possibilmente amare, come acqua e assenzio. L’abito era consigliabile di color bianco in estate e scuro in inverno. Bisognava evitare le strade troppo polverose, pedalare appaiati, rallentare ai crocevia, non abbandonare mai il «timone» (o manubrio), munirsi di un campanello squillante, rasentare sempre il marciapiede di sinistra e per prudenza scendere in prossimità di capannelli di persone. Mai usare il revolver contro i cani (le aggressioni dei cani erano all’ordine del giorno e spesso le povere bestie erano abbattute), semmai lanciar loro pietre; mai accogliere le provocazioni dei cavalli o rispondere alle ingiurie dei conducenti dei tram. Contro i monelli, era preferibile usare il frustino. Scegliere una sella dura e non una morbida e di indossare una fascia addominale per ripararsi dalle correnti d’aria sulla schiena."
Inoltre il Bertarelli aveva escogitato un modo per non doversi caricare di troppe borse, egli spediva dei pacchi contenenti alimenti e ricambi nelle stazioni postali dei Paesi dove calcolava di doversi fermare.
In questo modo poteva viaggiare leggero e sicuro di non patire la fame.

Del mezzo utilizzato non sappiamo molto, nemmeno presso l'archivio del TCI ho potuto reperire informazioni o fotografie sulla macchina pedalata dal Bertarelli.
In quegli anni poi le innovazioni si susseguivano velocemente, tanto che è difficile capire le caratteristiche tecniche solo dalla data del viaggio.
Di certo sappiamo che si trattava di un biciclo a scatto fisso,
ne è prova un passo del diario:
"Tutto Mormanno (un paese dove aveva fatto sosta, n.d.r) si è riversato all'uscita, d'onde la strada discende, sospesa sulla valle a grandi muraglioni, in pendio dolce del quattro per cento.
-Ora vi mostro io cos'è la bicicletta- E, con poco merito,(la pendenza è favorevole) attacco un passetto di trentacinque chilometri, in cui il mio da fare è di tenere coi piedi i pedali che vanno da sé. "
è esattamente la descrizione di una discesa fatta con lo scatto fisso!
Molto probabilmente il suo mezzo era dotato di un freno detto a Tampone, dove un gommino, azionato da una leva al manubrio, premeva sul copertone della ruota anteriore.
Non è dato sapere se fosse dotato di giro ruota con un rapporto più agile per le salite o se dovesse contare su un singolo rapporto.

Le tappe del viaggio furono da 120-200 chilometri, con dislivelli fino a 2000 metri e salite con pendenza media dal 7% al 10% e anche più nel caso della salita della Dirupata. Dovendo pedalare su un mezzo a scatto fisso con un freno a tampone, anche le discese non furono meno faticose, sicuramente molto pericolose.
Un pericolo a lui sconosciuto era il traffico, sulle strade gli incontri erano rarefatti, qualche carro e qualche viandante a piedi.
In una occasione, verso Villa San Giovanni, egli incontra un'altro bicicletto, fu l'unico avvistamento del genere fino ad Eboli.
Al di là dell'aspetto "sportivo" è da sottolineare l'aspetto sociale del viaggio.
All'epoca gli uomini del sud erano considerati tutti dei briganti con i cappelli a cono, ostili verso i forestieri.
Bertarelli si ricrede, la gente fu sempre ospitale, trovò sempre chi divise il pur magro companatico e chi gli offrì un posto per riposare, nonostante fosse norma dormire insieme, tutta la famiglia e spesso anche gli animali, in un'unico stanzone.
La gente manifestava grande curiosità verso la bicicletta, a Tarsia dei Fabbri rimasero stupiti dal poco attrito che produceva il movimento della ruota grazie ai cuscinetti a sfera (ancora sconosciuti in Calabria).
In ogni paese tutti gli abitanti accorrevano al suo passaggio e si stringevano a lui per conoscerne la storia, la provenienza, le caratteristiche del mezzo.
I Calabresi si dimostrarono anche più gentili della gente del Nord.
In un episodio un cavallo si imbizzarrì alla vista della bicicletta e rovesciò il carro con i suoi occupanti. Essi però , dopo aver controllato che non ci fosse nulla di rotto, furono addirittura accomodanti. Il Bertarelli, già pronto ad usare il revolver in caso di ostilità, si stupì della reazione e si domandò cosa sarebbe successo in una situazione simile al nord Italia.
tutto sommato, nonostante l'estrema povertà e arretratezza tecnologica, il viaggio si svolge in un periodo tranquillo per la Calabria, il brigantaggio era praticamente scomparso e la pace era duratura da tempo.
Solo qualche anno dopo, tremendi terremoti devasteranno la regione, la guerra e i nuovi briganti faranno il resto.
Il viaggio in bicicletta, secondo Bertarelli, ha come vantaggio quello di poter "cinematografare" con gli occhi il paesaggio. Diversamente dal viaggio a piedi o in treno che, a causa di velocità rispettivamente troppo lente e troppo veloci, non consentono ciò.
Aggiungo che la fluidità della pedalata (sopratutto se a scatto fisso) si armonizza perfettamente con la fluidità del pensiero che mano mano scorre lungo i paesaggi e le genti incontrati.
Concludo con il suo pensiero finale.
Al termine del viaggio, appoggiato ad una colonna del tempio di Nettuno a Paestum, scrive:
"a voi giovani che avete occhi e mente, forza e tempo, a voi mi avete compreso dico: avanti: la via è aperta!"

lunedì 22 settembre 2008

Scattofisso fuori città


Dopo due mesi di scattofisso finalmente le gambe iniziano a girare e la tecnica migliora.
Decido quindi che è arrivato il momento di mettermi sul banco di prova e iniziare a girare fuori città, affrontando salite e discese "vere", quelle urbane infatti sono strappi, anche ripidi, ma sempre di breve intensità.
Fino ad ora sono riuscito a pedalare in brakeless senza problemi, ma qui è un'altra faccenda.
Riuscirò a controllare la bici su discese lunghe?
in salita il rapporto sarà troppo duro?
Le cose è meglio affrontarle in maniera rigorosa, fino ad ora mi sono un po buttato all'avventura, direi con incoscienza, ora è meglio procedere con sicurezza.
Per l'occasione ho apportato alcune modifiche a dragut.
Un bel nastro manubrio, per inciso, odio quelli in sughero, mi piace sentire il manubrio e nemmeno quando correvo usavo i guantini. Ho trovato un bel nastro, in simil-pelle nera, della battaglin, una bellezza.
Poi ho messo un freno anteriore, un campagnolo, la leva è di una bici da passeggio, l'ho posizionata al centro, in modo da poterla azionare con entrambe le mani.
in ogni caso è lì solo per emergenza, mi sono ripromesso di azionarla solo in casi limite.
Il compagno di viaggio sarà mio cognato, un cicloturista con una preparazione regolare.
Ovviamente lui userà una bici a scatto libero, però, con grande slancio si ripromette di usare un solo rapporto, simile al mio e di non cambiarlo mai.
fossero tutti così i compagni di uscita!
Pronti via, i primi 15 km servono per uscire dall'area urbana, si percorre la vecchia statale in mezzo ad attività commerciali e camion che ti sfiorano, la strada è nervosa, con continui strappi in saliscendi.
Terreno buono per dragut, il rapporto agile, un 32x14 e l'effetto volano dello scatto fisso aiutano, la frequenza di pedalata si mantiene sempre sulle 100 rpm e la velocità sui 25-30 km/h. per queste informazioni devo sempre ringraziare il mio amico che monta un ciclocomputer ricco di funzioni.
Il freno non l'ho mai toccato, ormai non sono nemmeno più abituato a farlo, anche nei due momenti più "caldi", un semaforo su un bivio in discesa e una macchina che mi supera e svolta tagliandomi la strada.
Me la cavo con uno skid mantenendo il peso sulla sella e ricevo il plauso di mio cognato che non pensava si potesse controllare così un mezzo senza freni(piano piano lo convinco a togliere lo scatto libero...).
Finito il tratto di strada urbana, inizia la sfida,la densità di case e traffico scende al minimo e parte la prima salita.
Due chilometri con una media del 6% e penso che qualche tratto vada oltre.
Qui finisce il "regno" dello scatto fisso e inizio a capire perchè ad inizio secolo siano passati al cambio. il 32x14 che sul nervoso era così agile, qui diventa duro, anche perchè il mio allenamento è appena iniziato e questa è la prima salita seria dopo molti anni.
Avrei voglia di inserire il rapporto più agile ma tengo i denti stretti, qualche fuorisella, un ritmo regolare e arrivo in cima. Tutto sommato pensavo peggio.
inizia la prima discesa, come siamo saliti, ora si scende di uguale misura, anche se ci sono punti che toccano il 9%.
Nessun problema, controllo la pedalata e prima delle curve blocco i pedali.
Un lato negativo di queste bici è l'impossibilità di fare la piega in curva.
Dunque bisogna controllare la velocità , cercare di girare all'ultimo, magari sfruttando proprio la derapata causata dallo skid.
Ancora non ho dovuto toccare il freno.
Comunque mi diverto, mi sembra di essere nei video di Mash, dove i fissati scendono allegramente dalle colline sopra San Francisco.
Il mio compagno, con la ruota libera mi da paga, ma non voglio strafare, devo capire i limiti del mezzo e non importa se rimango dietro.
Altro strappo in salita, questa volta poco meno di due chilometri, ma al 7% di media, a mio avviso il tratto centrale è ben sopra il 10%, mentre il resto è meno duro.
Seconda discesa Anche qui all'inizio nessun problema, come prima controllo e skiddo.
La discesa ha una media del 6%.
A metà discesa uno strappo inatteso in salita, è di quelli che fanno male, la gamba, senza troppa preparazione ne risente, fuori sella, lingua a terra, gambe in fiamme ma riesco a superare lo strappo.
Il rpoblema avviene nell'ultima discesa. Le gambe non reggono più e non riesco a controllare bene la pedalata, oltretutto questo tratto mi sembra anche molto ripido, con curvoni veloci e molto scivolosi per via del briccio a terra.
non ho nemmeno più la forza di bloccare i pedali.
Prima di farmi male prendo la saggia decisione di azionare il freno.
Un conto è farsi portare in cima ad una collina e poi scendere con le gambe fresche e il sorriso per la telecamera,
un'altro è di scendere con 20 chilometri di strada "cattiva" nelle gambe!
La discesa rimane comunque pericolosa, un solo freno non è molto efficace e le gambe le sto lasciando "libere" per farle rifiatare.
L'ultimo tratto di discesa è un falsopiano dritto alla fine del quale si vede una pianura, perciò decido di lasciare andare le gambe e il freno, penso di aver raggiunto le 160 rpm,con questa frequenza la bici vibra tutta, ho come l'impressione che si sviti tutta da un momento all'altro!
RAggiungo mio cognato alla fine della discesa e prendiamo la strada del ritorno, un tratto di pianura ci farà fare il giro del monte appena superato per immetterci nel tratto percorso all'inizio.
In pianura il mio compagno tira, siamo sui 40 km/h e la mia frequenza è sui 140 rpm,
un po troppo per la gamba provata e infatti ecco sopraggiungere il crampo, ma porc!
Non posso nemmeno smettere di pedalare per stendere la gamba, posso giusto rallentare e bere, per fortuna l'ho preso in tempo e passa subito, nel frattempo abbiamo terminato il tratto veloce e siamo tornati sul tratto nervoso che percorre la periferia urbana.
La mia crisi è superata ed è tardi, ci aspettano per andare a pranzare al ristorante.
Perciò affrontiamo il tratto nervoso in velocità.
Andare in scatto fisso è come mettersi in una lavatrice, non si finisce mai di girare!
Il tuo compagno affronta la discesa senza pedalare per rifiatare e tu dietro a sbuffare ad alta frequenza.
Il tratto urbano invece è nettamente a mio favore, passo tra le auto ferme al semaforo controllando semplicemente la velocità.
Gran cosa lo scatto fisso, collega la bici direttamente al cervello, mentre con la bdc devi passare dai freni. A mio parere il controllo è più immediato.
Fine del giro, 43 km, 25 km/h di media, niente male se penso che nelle discese non posso fare troppa velocità e che abbiamo superato salite con una pendenza di tutto rispetto.
Ovviamente poi ci voleva proprio la grande abbuffata al ristorante per recuperare le calorie perdute!

mercoledì 17 settembre 2008

Girobulloni




Vorrei ringraziare con un piccolo regalo le persone che frequentano questo blog.

Il girobulloni è il diametro dove sono posizionati i bulloni di serraggio degli ingranaggi.
Questo valore non è sempre uguale, cambia tra MTB e strada, per quelli Mtb ci sono il vecchio standard e le compact, etc.
Spesso, trovandoci in mano una guarnitura di terze parti oppure degli ingranaggi, ci si domanda che girobulloni abbiano per poterli accoppiare ed essere certi di comprare il corrispettivo con sicurezza.
La posizione dei bulloni però non rende sempre semplice la misura.
Dunque ho approntato un file PdF, scaricabile liberamente, che basta stampare su un comune foglio A4 (in fase di stampa consiglio di togliere le opzioni di ridimensionamento).
Accostando il foglio alla pedivella o all'ingranaggio, è immediata la conoscenza del girobulloni.

FILE PDF

-Attenzione, ho corretto il file pdf con l'aggiunta del girobulloni pista da 144 e del vecchio standard da 151. -

venerdì 5 settembre 2008

Piccola fixa cresce!


Nuova per dragut, la mia amata bike al quale ho apportato qualche necessaria modifica.

Le modifiche più corpose hanno riguardato il blocco sterzo.
Inizialmente avevo montato una pipa forgiata con expander.
scelta obbligata in quanto il canotto sella è filettato.
Volevo però una pipa più lunga per migliorare la posizione e che fosse apribile per poter cambiare rapidamente la curva.
Ho quindi trovato un'attacco haedset, apribile e molto rigido, della zoom e l'ho adattato al canotto tramite un innesto a expander.
La curva ora la cambio tra quella dritta da MTB e una curva tradizionale da BDC, ho trovato un modello della 3T "curvo" cioè non con le prese sagomate come li fanno ora.
La curva da strada la monto per le uscite più lunghe, fuori città, dove occorre spingere e tenere una posizione più bassa.
Questa la versione con la curva stradale:

Il secondo blocco di modifiche ha interessato la zona della seduta.
Ho trovato usata una mitica Turbo, di colore giallo , con il carrello in CrMo, sopratutto comodissima anche con l'abbigliamento "borghese", la sella precedente, una vuelta invece doleva da questo punto di vista.
Inoltre la Turbo ha un'aspetto vintage che non mi dispiace.
Ho sostituito anche il canotto sella.
Ho cercato un modello che avesse il tubo perfettamente tondo, per una ragione.
Il mio obiettivo "finale" è quello di usare la fixa anche per del cicloturismo ad ampio raggio e dunque potrei dover montare un portapacchi, il telaio da corsa non è dotato degli occhielli appositi e dunque mi devo orientare su un modello da montare a sbalzo sul reggisella, quindi meglio che questo sia di sezione tonda.
Per l'estetica avrei preferito un modello nero, ma purtroppo, di sezione tonda e con il diametro richiesto e sopratutto, non troppo costoso, ho trovato solo questo, un anonimo ma onesto e robusto reggisella silver.

Le modifiche future invece riguarderanno la ruota posteriore e la trasmissione.
La ruota posteriore purtroppo è rimasta "vittima" di una caduta di catena, risucchiata tra i foderi e il cerchio, questo è stato rigato e molti raggi si sono stortati.
Per fortuna sono aspetti che con una brakeless non contano molto, per ora ho aggiustato i raggi alla buona, ma preso dovrò cambiare tutto, poco male, sarà il pretesto per un cerchio all black!
Per la trasmissione invece è necessaria una guarnitura specifica, magari sugino, ovviamente un pignone più grande per mantenere l'attuale rapporto e infine una catena da pista in luogo di quella attuale, da passeggio.
Purtroppo questi elementi sono impossibili da reperire nella mia zona e dunque dovrò affidarmi a qualche negozio on-line e comprare alla cieca.
Se su questo punto qualcuno dovesse avere dei suggerimenti, sono ben accetti.

venerdì 29 agosto 2008

benscycle


Ho trovato questo negozio di Milwaukee (Happy Days, quanti ricordi!) molto interessante e ben fornito.
Il telaio dell'immagine sopra per esempio fa parte di una serie in saldo al 56% e lo danno via per 349 dollari.
C'è anche molta componentistica di tutti i colori.
http://www.benscycle.net/

martedì 19 agosto 2008

non bevete se poi inforcate la bici!

"TRENTO - Ubriaco, un cinquantenne trentino ha evitato di mettersi alla guida dell'auto è ha inforcato una bicicletta, pensando così di evitare i controlli. Ma quasi in coma etilico è caduto ed è stato trasportato in ospedale. Dopo il verdetto degli esami, che hanno evidenziato un tasso alcolemico da record, 4,56 g/l, - otto volte superiore al limite - è scattata la denuncia per guida in stato di ebbrezza. Ora rischia il ritiro della patente.

Tutto è nato quando l'uomo, dopo abbondanti libagioni, è salito in sella alla bici. A Gardolo di Trento, però, dopo aver percorso un tratto a zig zag è crollato a terra. Alcuni passanti hanno subito avvertito i soccorritori. Più che per la caduta, il ciclista appariva incosciente per un evidente stato di alterazione alcolica, al limite del coma etilico. Situazione confermata dalle analisi effettuate all'ospedale.

Con un tasso da record di 4,56 grammi per litro, la Polizia stradale ha proceduto alla denuncia del ciclista in quanto, al pari dell'auto, la bicicletta è considerata in mezzo di trasporto sottoposto alle regole del codice della strada. Ora la magistratura dovrà decidere se procedere anche al ritiro della patente. Niente sequestro invece per il mezzo, in quanto è difficile definire il proprietario in maniera certa."

-fonte ANSA-

martedì 12 agosto 2008

La ruota gira....

Riporto dall'ANSA:

"LONDRA - Mentre tutte le grandi metropoli soffrono per carenza di parcheggi per le auto, a Londra scoppia l'emergenza per i parcheggi per biciclette, un mezzo di trasporto che - visti prezzi dei carburanti, la tassa per entrare al centro e la coscienza ecologica - sta diventando sempre più popolare. Da un'inchiesta del tabloid Evening Standard risulta infatti che molte stazioni della metropolitana londinese e ferroviarie non dispongano di sufficienti posteggi per le bici.

Secondo l'inchiesta del quotidiano per fronteggiare al meglio la diffusione costante del mezzo a due ruote, Londra necessiterebbe di almeno 100mila posti. Sono invece 25mila i posteggi attualmente disponibili. Il Network Rail, l'ente gestore della rete ferroviaria, ha già programmato ben 500 posti nella nuova stazione internazionale di King's Cross. Secondo stime ufficiali a Londra si effettuano circa 500mila viaggi in bici, con un incremento del 91% rispetto al 2000: la maggior parte dei ciclisti però si trova costretta a lasciare il mezzo per le strade del centro.

Le municipalità hanno fatto richiesta all'azienda di trasporti londinesi Transport of London, di installare nelle stazioni della metropolitana le apposite basi per le bici. "So che i municipi si stanno attrezzando per installare delle apposite postazioni, ma al momento non sono sufficienti perché non tengono il passo dell'incremento del numero di biciclette. Troppo spesso si notano ciclisti impegnati a incastrare la bici in parcheggi che già ne ospitano due", ha dichiarato Tom Bogdanowicz, portavoce della Campagna Londra Ciclabile."

Magari un giorno la ruota girerà anche da noi!

sabato 2 agosto 2008

Considerazioni

E' passato il primo mese da quando ho finito la fissa.
Ho fatto un po di esperienza e direi che è arrivato il momento di fare qualche considerazione su questo mezzo.

Parto da quella che potrebbe sembrare un'ovvietà, con la fissa, sopratutto se brakeless, più che con altri mezzi, è necessaria la piena fiducia nel mezzo meccanico.
Io mi sono trovato in discesa ad avere un salto di catena.
Per fortuna tutto è finito bene, però ho scoperto in seguito che la colpa era da addebitare alla corona non perfettamente centrata (da leggere l'articolo precedente).
Quando si è sicuri di avere la trasmissione a posto allora si affrontano traffico e discese con maggiore sicurezza.
Per questo , mi sento di consigliare a chi inizia di spendere più tempo ed eventualmente denari nella trasmissione piuttosto che in altre parti.
Un mozzo da pista con il controdado sul pignone, una guarnitura da corsa e una buona catena.
Se per vari motivi si è dovuto adattare qualche pezzo, magari è meglio iniziare con il freno davanti, che potrà servire nelle eventuali emergenze.

Considerazioni sul mondo della fixa.
All'inizio non ci credevo nemmeno io, lo ripeto, se non avessi letto i vari blog sull'argomento,
non avrei avuto il coraggio di partire già da subito con il brakeless!
Ovunque mi fermo e appoggio la bici trovo persone curiose sul fatto che non ci siano i freni.
Pensano ad una innovazione, pensano al freno contropedale.
Invece è il sistema più semplice e il primo introdotto sulle bici, i nostri bisnonni pedalavano così, col fisso e in brakeless.
Le complicazioni sono state introdotte più avanti.

Proprio questa mattina ho affrontato la mia discesa più difficile in questo mese, tre chilometri al 10%.
Devo dire che ero timoroso nell'affrontare questa discesa, però è andato tutto bene, occorre modulare la pedalata e ogni tanto bloccare in skid davanti a noi c'è una curva difficile o un' incrocio.
A questo proposito, la fissa è notevolmente più stancante delle altre bici, non c'è un'attimo di tregua, in pianura le gambe frullano per via del rapporto agile, in salita il rapporto diventa duro, in discesa bisogna sempre controllare la pedalata.
è una fatica doppia!
Se intendete affrontare un viaggio, almeno usare il freno anteriore, allevia un po fatica nelle discese.
Nel traffico fino ad ora ho affrontato gli stessi pericoli che affrontavo prima, lo sportello che si apre all'improvviso, la macchina che non rispetta lo stop, il pedone che attraversa davanti al bus... eppure sono ancora qua a scrivere.
Hanno ragione quelli che consigliano di guardare sempre venti metri avanti,
non bisogna mai calare il livello di attenzione, si sviluppa un sesto senso, si entra in sintonia con il traffico.
A ben pensarci gli incidenti che avevo fatto prima della fissa erano stati tutti originati da mie disattenzioni.
La ruota nelle rotaie, la scia presa al furgoncino che frena di colpo...
Avevo i freni e ho fatto lo stesso questi incidenti,
dunque non è una questione di sistema frenante, ma di testa.
In brakeless non prenderei mai la scia di una furgone!

Insomma, non usate la testa solo per testare il caso,
usatela per costruire e mantenere un buon mezzo e per pensare quando si pedala.

domenica 27 luglio 2008

Guarnitura da Mtb

Alla base della filosofia della ruota fissa ci sono sicuramente la semplicità, la personalizzazione e il recupero.
Spesso e volentieri si recuperano pezzi per allestire una fixa che diventa così un mix assolutamente originale.
Il recupero può anche essere dettato dalla necessità di risparmiare qualcosa.
Nel mio caso, per allestire la mia prima fixa ho utilizzato dei pezzi recuperati dal mondo MTB, del quale sono ben fornito in quanto correvo in questa disciplina.
Oggi vorrei porre l'attenzione sulla guarnitura.
Una premessa, ho corso e allestito bici per anni, ma nel mondo della ruota fissa escono fuori degli aspetti che nel mondo della ruota libera sono assolutamente trascurati.
Se si vuole montare una guarnitura da MTB su una fixa, la prima cosa con il quale bisogna fare i conti è la linea di catena.
Le guarniture da Mtb nascono per ospitare tre rapporti e dunque la corona maggiore è montata più larga che nelle guarniture stradali e la corona piccola corrisponde alla posizione della corona media.
Per mantenere la linea di catena dettata dall'uso di un mozzo posteriore da pista o stradale ci sono vari espedienti, come quello di mettere dei distanziali sul perno del mozzo oppure quello di girare il movimento centrale.
Un'altro espediente, molto pratico e che consente di impostare la linea di catena al millimetro è quello di montare la corona sul posto mediano della guarnitura e poi inserire tra questa e la corona dei distanziali.
Così ho fatto io e la linea di catena è risultata precisa.

In seguito però sono sorti dei problemi, la catena aveva dei salti improvvisi e mi sono accorto che in alcuni punti era monto tesa, anche troppo, in altri punti era lasca, quasi che la corona fosse ovale.
Ho scoperto che l'origine del problema risiede nei distanziali, questi permettono un certo margine di spostamento della corona rispetto alla guarnitura e può capitare che un montaggio poco accorto non centri perfettamente i due elementi, determinando così due circonferenze diverse, come se montassimo due corone differenti.

Inoltre con i distanziali la corona si allontana dagli scassi che di solito sono previsti sulle guarniture e che servono proprio a guidare in sede il rapporto.
Il montaggio allora va eseguito con perizia e massima attenzione nel centrare la corona.
Diversamente il pericolo è una rottura o un salto di catena, dovuti ad una tensione troppo alta o tropo bassa nei diversi punti della corona montata male.
Un'inconveniente poco piacevole quando si guida un mezzo brakeless.

lunedì 21 luglio 2008

2,3 euro



2,3 euro, il costo al supermercato di una "chiave svitafiltro a catena", utile per il cambio del filtro dell'olio.
Perchè scrivo questa cosa su uno spazio dedicato alla bicicletta?
Perchè, incredibilmente, questa chiave è perfetta come frusta per serrare i pignoni da pista!
La catena infatti è quella da 1/8".
Una frusta "originale" per le biciclette costa intorno ai 12-13 euro
e dalle mie parti nemmeno si trova, se non ordinandola sul web ( aggiungendo quindi spese di spedizione e di versamento).
Mi domanderò sempre perchè un oggetto cambia così il suo costo a seconda dell'utenza al quale è destinato.
Succede nella fotografia, dove un pezzo di plastica costa in maniera sproporzionata,
A volte succede nel ciclismo.

Comunque vi ho dato la dritta, se avete bisogno di una frusta per la vostra fixa,
andate nel reparto motori di un supermercato.

venerdì 11 luglio 2008

Rapporti



Quarto giorno di fixa ,dopo le prime prove, inizio ad affinare la parte meccanica.
Il rapporto è stato il primo settore sul quale ho deciso di intervenire.
Purtroppo al posteriore posso contare solo su un 14, nella mia zona non si trovano rapporti per scatto fisso, a meno di non ordinarli.
Davanti ho a disposizione due guarniture MTB, una classica e una compact.
Dunque 4 scelte di corone, 32, 36, 42, 46.
La prima scelta è stata quella di montare il 42-14.
Devo dire che per i tratti piani è una buona scelta, consente di fare una discreta velocità e con un po di abbrivio si riescono a superare anche delle salitelle brevi.
Il problema nasce sopratutto in una città come la mia, dove la maggior parte dei tratti sono in pendenza. Nelle discese può essere un problema il controllo della velocità, sopratutto quando si è alle prime uscite con un mezzo brakeless.
Il 32-14 è corto ma è un gran divertimento, si riesce a skiddare senza problemi, si può facilmente imparare a portare una bike contando solo sulla forza delle gambe.
Ovviamente il rovescio della medaglia è una bassa velocità in pianura.
Se si vuole passeggiare e imparare a portare la fixa è un buon rapporto,
se si vuol fare un po di velocità serve qualcosa di più lungo.
Il 36x14 è perfetto.
Mi consente un buon controllo in discesa e una velocità maggiore in pianura.
Per ora monto questo, quando le gambe saranno tornate in forma e avrò acquisito appieno la tecnica della fixa, allora forse penserò ad allungare nuovamente il rapporto.

martedì 8 luglio 2008

La prima volta


La prima volta non si scorda mai, anche quando si tratta della prima uscita con la bici fissa!
Questa mattina sono uscito presto, verso le sei e mezza.
è un'orario ideale per prendere confidenza con il nuovo mezzo, avendo le strade libero e il traffico al minimo.
Inoltre in questo periodo di calura c'è ancora il fresco, a tutto vantaggio dei muscoli intorpiditi...
è stata una bella sensazione, la fissa accelera che è una bellezza, senza sforzo apparente.
Ero abituato alle bici con il cambio, dove qualche piccolo rumore si sente sempre.
Qui complice la linea perfetta di catena e il mono rapporto, non si ode nulla, sembra quasi di cavalcare un mezzo senza attrito.
L'unico rumore è quello del vento che accarezza i capelli.
Cosenza morfologicamente è una città difficile, è simile a Roma, circondata da sette colli.
Dunque anche in pieno centro capitano salite e discese.
La salita cittadina si può affrontare di slancio, il rapporto della fissa non è troppo duro e la leggerezza del mezzo aiuta.
è più difficile la discesa, non si può mollare completamente, troppi sono gli incroci e le immissioni, bisogna sempre controllare la pedalata e alzare il livello di attenzione.
Alla fine ne è venuta fuori un'oretta piena in giro per la città ancora dormiente.

La sensazione di libertà, di non dover pensare alla parte meccanica, "sarà il rapporto giusto?"
"a quale velocità vado?" "che cadenza mantengo?" tutto superato dalla semplicità del mezzo.
La libertà dimenticata di poter girare liberamente per il centro città, senza l'obbligo del casco, senza limiti ( che non siano quelli del mettere a rischio le altre persone).
Solo io, la bici e la strada.

DRAGUT




Iniziamo dalle presentazioni.
Mi chiamo Alessandro, un trentenne che attualmente vive a Cosenza.
Fino al 2000 sono stato un discreto ciclo amatore,
sopratutto nel MTB cross country e anche nel Downhill, uphill, corsa strada, ciclocross.
Poi ho smesso.
Eccomi quà, oggi dopo qualche anno, ho deciso di riprendere in mano una bicicletta.
Non più per gareggiare, ma per muovermi.
Ho pensato che era un peccato lasciare a riposo le gambe quando queste potevano fornire un mezzo di locomozione praticamente gratis.
Inoltre mi sono appassionato al mondo delle bici fisse,
mi ha entusiasmato il poter disporre di un mezzo "minimo" che è un concetto affine al mio stile di vita.
"less is more" diceva il grande architetto Mies Van der Rohe.
Semplicità e minimalismo.

Ed è così che ho deciso di costruirmi un fissa.
In Calabria sono un pioniere, non ho ancora sentito di altre fisse.
Nei negozi che ho girato ovviamente mi prendevano per matto.
"girare senza freni???" questa era la perplessità generale.
Ma io sapevo che si poteva fare, grazie alla conoscenza dei "fissati" che pubblicano i loro blog, gran cosa internet!

Ed eccola qui, finita, magnifica.
un telaio inizio anni 90, tubazioni columbus SLX con congiunzioni, roba fine, anche la scatola del cambio è alleggerita.
Questo era un telaio da gara, dimenticato per tanti anni è stato ora nobilitato nuovamente.
Il cuore della trasmissione è un mozzo Miche primato pista a 32 fori,
comprato dal gentile e disponibile Aldone.
La guarnitura è una sugino compact da MTB, adattata con dei distanziali per mantenere la perfetta linea di catena.
Per ora il manubrio è costituito da un semplice tubo MTB, segato a 40cm.
Ho voluto iniziare da subito senza i freni, Se non avessi letto i blog degli amici fissati probabilmente non avrei avuto il coraggio di iniziare subito così.

La bici l'ho chiamata "DRAGUT" in omaggio ad un famoso pirata che imperversava sulle coste tirreniche nel XVI secolo.

Ringrazio in particolar modo Aldone per le preziose risorse che mi hanno aiutato a iniziare questa avventura.